latrati

          Latrati

                     (2009)

Creazione liberamente ispirata al romanzo “La Vedova Scalza” di Salvatore Niffoi

Da un’idea di Vincenza Pastore, Giulia Abbate e Fabio Cherstich

Regia: Fabio Cherstich e Giulia Abbate

Con: Vincenza Pastore, Andrea Pinna, Filippo Farina, Alessio Calzolari, Mauro Santopietro

Scene e costumi: Maria Porro

Canti: Claudia Grimaz

Perché partire dalla Vedova scalza?
Ci ha colpito Mintonia, la protagonista.

La sua condizione di diversa in una terra che non ammette diversità: la Sardegna della seconda guerra mondiale. Mintonia, diversa dalla famiglia; diversa dalle figlie analfabete  dei contandini; diversa dalle donne del paese  prive di un pensiero proprio, asservite ai loro mariti, ai padri e al potere fascista.

Ci ha colpito l’amore di Mintonia per la sua terra d’origine, l’amore per la libertà, l’ amore sconfinato, testardo, doloroso, puro per il proprio uomo, Micheddu. Ci ha colpito la storia d’ amore che sta al centro del romanzo: quello tra due ragazzi che nonostante abbiano famiglia e paese contro si ostinano a non cedere alle pressioni esterne, ma anzi si fortificano nel loro essere precocemente, inconsapevolmente rivoluzionari.

Nella  sovversione della realtà portata dal regime fascista una donna qualsiasi arriva a compiere una vendetta per ristabilire l’ordine e la dignità dell’umano a cui essa fa fede.

Primo studio _ 2008
Il funerale, l’invettiva, la vendetta.

Ricerchiamo l’immagine fisica, la postura i gesti, la voce di Mintonia. Cerchiamo di portare la durezza e il mistero della lingua sarda, non solo nella parola, ma soprattutto nel corpo della protagonista, nell’attitudine che ha nell’offrire la propria storia.
Nel primo studio raccontiamo due eventi del romanzo: Mintonia davanti al cadavere scannato del marito dal brigadiere fascista. e la vendetta di Mintonia.

Secondo studio _ 2009

Travestimenti, metamorfosi, maschere, specchi.

Nel secondo studio alla figura della protagonista si aggiungono quattro uomini; lavoreremo sulla metamorfosi.
Delle donne pregano, poi  indossano delle maschere e pesanti pellicce nere (mammuttones), si trasformano in capri. Sotto queste quattro figure dall’aspetto di donne posticce, di capri, di animali si nascondono degli uomini, in divisa. Lavoreremo sull’alterazione della realtà, sul grottesco: la materia del nostro studio è lo specchio. Luogo-non luogo, luogo mentale. Nel primo studio la vendetta di Mintonia era rappresentata con la pantomima, che impone un punto di vista altro, non l’identificazione, ma l’osservazione dell’azione; nella seconda fase di lavoro alla pantomima si aggiunge la visione dell’immagine filtrata attraverso la riflessione nello specchio,
C’è qualcosa nello specchio che ha a che vedere con l’incubo, è come se qualcuno vedesse che dietro le proprie spalle c’è qualcosa, qualcuno che incombe. Ma questa immagine, questa presenza appare solo riflessa e nel momento in cui ci si gira essa scompare. Una proiezione.
Lo specchio come straniamento: “Nello specchio c’è un altro che ci spia”  (Borges), chi lo abita non riconosce chi ha davanti a sé. Lo specchio come doppio, l’unione fra l’oggetto e il suo riflesso.
Lo specchio come luogo di metamorfosi e d’inganno che moltiplica la realtà, che la sovverte: il potere fascista coi suoi uomini invade la Sardegna; in un primo momento pochi uomini in divisa, ma nel breve tempo descritto dal romanzo, questi uomini si moltiplicano, sembrano avere lo stesso volto come in una proiezione di specchi che ripetono abominevolmente la stessa figura.
“L’universo visibile è illusione, sofisma; gli specchi e la paternità sono abominevoli perché lo moltiplicano e lo divulgano.”
J. L. Borges

Lo spettacolo _ 2009
Latrati.

Latrati nascerà dagli schizzi, dall’esperienza e dai materiali raccolti nei due studi che accompagneranno la creazione.

Schizzi:

Una lampadina oscilla.

Una donna vestita di nero aspetta al centro dello spazio l’ingresso degli spettatori.

Tra le braccia regge una giacca.

Il suo sguardo incrocia quello delle persone che prendono posto.

Fa oscillare il suo corpo facendo sbattere i tacchi sulle tavole di legno:

comincia così la sua invettiva.

Quattro figure femminili in nero partecipano al rito funebre. Fanno il segno della croce; il segno muta, si trasforma nel saluto fascista. Le donne si svelano, sono capri, sono uomini in divisa, sono burattini.

Il primo studio del “progetto Vedova scalza” ha vinto nel giugno del 2008 il primo premio al concorso “Giovani Realtà del Teatro” dell’accademia “Nico Pepe” di Udine

Motivazione giuria:

…Visionario, rituale, originale e molto sentito. Coraggiosa e ben costruita la drammaturgia derivata da un’opera letteraria. Consapevole l’uso dello spazio scenico, delle luci, della scrittura ‘scenica’ oltre che drammaturgica. Inquietante e ricco di uno stile già personale e consapevole.

Efficace nella progettazione, nell’idea di messinscena e nella resa spettacolare. L’originalità della drammaturgia si coniuga ad un uso intelligente dello spazio e ad una innegabile forza espressiva.