Ubu Re
(2021)
di Alfred Jarry
traduzione di Fabio Cherstich, Luigi Serafini, Tommaso Capodanno
regia Fabio Cherstich
scene e costumi Luigi Serafini
musica Pasquale Catalano
con Massimo Andrei, Gea Martire, Sara Borsarelli
Marco Cavalcoli, Alessandro Bandini, Francesco Russo
e con Julien Lambert
disegno luci Emanuele Lepore
consulenza alla coreografia Alberto Bellandi
assistente alla regia Tommaso Capodanno
assistenti alle scene Marta Montevecchi, Alessandra Solimene
maschera di scena Margherita Cerrai
foto di Claudia Pajewski Produzione
Teatro di Roma – Teatro Nazionale
Théâtre de l’Œuvre di Parigi, 10 dicembre 1896.
Tra applausi scroscianti, insulti e violente scazzottate, debuttava l’Ubu Roi, opera prima di Alfred Jarry. Nella Parigi fin de sìècle, dopo i traumi provocati dalla caduta del Secondo Impero e poi della Comune, cominciarono a comparire inaspettati personaggi. Alfred Jarry fu uno dei primi componenti di una sorta di genio-guastatori, che metterà in crisi tutti i paradigmi preesistenti, per dare così forma alla Modernità. (…) Definito proto-dadaista dai dadaisti, proto-futurista dai futuristi, proto-surrealista dai surrealisti, proto-assurdista dagli assurdi e proto-postmodernista dai postmoderni il suo lavoro li ha preceduti tutti e ha trovato nella scrittura di Ubu la sintesi perfetta. Il personaggio di Padre Ubu “simboleggia l’apoteosi del ventre e il trionfo del grugno nella Storia universale“ e non offre altro che la personificazione dei più sconsolanti aspetti della condizione umana. Ubu è grottesco, maleducato, avido, goloso, stupido, arrogante, ma paurosissimo. Brama il potere, ma poi non sa gestirlo (…).
Eserciti che lottano con sé stessi, contadini con nomi di nobili trucidati sulla pubblica piazza, macchine per decervellare e parate d’ispirazione sovietica. Tutto questo è Ubu Re, una satira feroce sulla brama di potere e sulle sue tragicomiche conseguenze, un attacco poetico e terribile alla società, alle sue regole e alle sue convenzioni.